Fenomeno sempre più diffuso e discusso da tempo è la convivenza tra esseri vegetali ed elementi architettonici. L’attualità di questa problematica è motivata dalla presenza di quote di edificato sempre maggiori e da una crescente richiesta di verde ornamentale in ambito urbano per fini paesaggistici ed ambientali. In questo articolo prenderemo in considerazione la conflittualità dell’apparato radicale delle piante rispetto ad elementi antropici, valutandone cause, danni e rimedi. La principale causa di interferenze tra apparato radicale degli esseri vegetali ed elementi statici, quali marciapiedi, pavimentazioni, muri, ecc., è da ricondursi alla scelta della vegetazione in fase di progettazione (o semplice messa a dimora di nuovi esemplari) o/e alla scelta della posizione.
Nella maggior parte dei casi, l’ente responsabile o il proprietario privato, che si trova di fronte alla problematica di mettere a dimora nuovi esemplari arborei o arbustivi, considera superfluo affidarsi a professionisti del settore per valutare insieme a loro l’elemento vegetativo più idoneo. Questo perché vige il presupposto che l’elemento vegetativo possa adattarsi a qualsiasi condizione e in ogni ambiente garantire benefici comunemente conosciuti. La problematica non è da circoscriversi solo ad alberi di grande dimensione ed arbusti di grande espansione, ma anche a rampicanti come l’edera, la vite americana, la vite canadese, ecc., in quanto le loro radici tendono ad infilarsi nelle fessure dei muri e sviluppandosi creano spaccature e crepe.
L’errore da evitare è quindi quello di considerare gli esseri vegetali come elementi “non vivi”, con proprie peculiarità e di non tener a mente che il corretto sviluppo dell’apparato radicale è fondamentale per lo stato vegetativo e la stabilità del vegetale.
E’ per le ragioni summenzionate che un giusto approccio in fase di progettazione di spazi verde e/o di messa a dimora di singoli esemplari vegetali, e un’attenta analisi futuristica dello sviluppo degli spazi può prevenire future problematiche che poi difficilmente le azioni poste in essere dall’uomo possono contenere e/o condizionare .
I danni più frequenti sono quelli di sollevamento e fessurazione dei tappeti di copertura orizzontale (vialetti pedonali, marciapiedi, ecc.), causati dalle radici più superficiali che, alla ricerca di acqua in fase di espansione, si incuneano in minuscole fessure del substrato antropico, crescendo con il tempo danni all’elemento antropico superiore.
Il fenomeno è favorito anche dalla frequente presenza di zone umide sottostanti agli elementi antropici, come avviene, ad esempio, nelle vicinanze di tubazioni di acqua e gas.
Per tamponare o/e eliminare la persistenza bisogna creare delle situazioni avverse e di ostacolo alla crescita di radici.
La prima fase, per un corretto intervento, è rappresentata dall’indagine in campo per la verifica del fenomeno, seguita da una valutazione tecnica ed economica.
I rimedi più drastici possono prevedere l’eliminazione del vegetale o dell’elemento antropico. Gli interventi meno drastici invece possono prevedere la modifica dell’elemento antropico e/o dell’apparato radicale del vegetale. Soffermandoci su questa seconda soluzione, nella maggior parte dei casi risulta inevitabile l’operazione del taglio delle radici. Questa operazione va effettuata con massima attenzione, da personale qualificato, in quanto può compromettere la stabilita o addirittura la vita dell’essere vegetale. Attualmente esistono diversi strumenti di taglio ad elevata precisione, differenti metodi e prodotti per una corretta difesa da patogeni che si potrebbero insidiare. A titolo esemplificativo, nel caso degli alberi, si deve tenere in considerazione il diametro del tronco. Infatti quando il diametro è inferiore a 30 cm, il taglio delle radici deve avvenire ad una distanza di almeno 1 metro dal colletto (per fusti policormici questa misura va effettuata dal punto più interno); per alberi il cui diametro di tronco sia maggiore ai 30 cm, la distanza dal colletto deve raddoppiare. Inoltre, è fondamentale la valutazione della tipologia di radice da tagliare. Infatti basandosi sul diametro delle radici si concepisce l’importanza dell’apparato radicale asportato. Successivamente al taglio delle radici si deve procedere ad una potatura aerea che riduca la chioma, in modo da riequilibrare la proporzione chioma/apparato radicale e che tenti, per quanto possibile, di regolare la struttura e garantire stabilità al vegetale. Per tanto, dopo l’esecuzione di tali opere azioni, l’esperienza ci suggerisce di non considerare il problema definitivamente risolto ma di optare per un controllo periodico della stabilità dell’esemplare.
Altra metodologia comunemente adottata è l’applicazione di barriera antiradice. La principale tipologia in uso è rappresentata da teli in materiale plastico, TNT (tessuto non tessuto) ecc., che vengono applicati a protezione degli elementi antropici, anche in maniera preventiva, e che impediscono fisicamente l’espansione delle radici (effetto deviante). Queste tipologie di barriere antiradice vengono anche utilizzate in aree libere per contenere gli apparati radicali di specie invasive (es. bamboo). Altra categoria di barriere antiradice è quella chimica, cioè tessuti contenenti additivi specifici che vengono rilasciati gradualmente nel terreno ed impediscono l’espansione di radici nella zona dove essi persistono.
Un problema riscontrato in alcune applicazioni di barriere antiradice circolare è la formazione di radici circolari che non garantiscono la stabilità dell’esemplare arboreo e ne pregiudicano le condizioni vegetali.
Il compito fondamentale dell’apparato radicale è assorbire acqua ed elementi minerali, per questo tende ad esplorare il maggior volume possibile di terreno. La profondità dalle radici è influenzata dalla natura del terreno, dalla sua struttura e dalla disponibilità d’acqua. Quindi, in riferimento a questa necessità, può aiutare, al fine di rallentare l’accrescimento superficiale delle radici, evitare di bagnare le zone di terreno in prossimità degli elementi architettonici e/o modificare la struttura del terreno stesso.
In conclusione si può affermare che l’unico rimedio a costo e rischio zero per la problematica in discussione è la coerente scelta in fase di messa a dimora dei vegetali, come si suol dire “la pianta giusta al posto giusto”.
Dott. Agr. Alessio Colucci
BIBBIOGRAFIAVilla Gabriele – Piste ciclabili e radici degli alberi. Parco Nord Milano 08/10/2008;Massimo Fornaciari – La radice. Giardini & Ambiente